Testi futuristi (1910 – 1930)

 

LA PITTURA FUTURISTA
 
Dal "Manifesto dei pittori futuristi" di Boccioni, Carra’, Russolo, Balla, Severini
11 febbraio 1910
 
Con questa entusiastica adesione al Futurismo, noi vogliamo:
1.Distruggere il culto del passato, l’ossessione dell’antico, il pedantismo e il formalismo accademico.
2.Disprezzare profondamente ogni forma di imitazione.
3.Esaltare ogni forma di originalità, anche se temeraria, anche se violentissima.
4.Trarre coraggio ed orgoglio dalla facile taccia di pazzia con cui si sferzano e si imbavagliano gl’innovatori.
5.Considerare i critici d’arte come inutili o dannosi.
6.Ribellarci contro la tirannia delle parole armonia e buongusto.
7.Spazzar via dal campo ideale dell’arte tutti i motivi già sfruttati.
8.Rendere e magnificare la vita odierna, incessantemente e tumultuosamente trasformata dalla scienza vittoriosa.
 
 
Dal "MANIFESTO TECNICO" di Boccioni, Carra’, Russolo, Balla, Severini 11 aprile 1910

La nostra brama di verità non può più essere appagata dalla forma nè dal colore tradizionali.
Il gesto per noi non sarà più un MOMENTO FERMATO del dinamismo universale: sarà la SENSAZIONE DINAMICA eternata come tale.
Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido.
Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente.
Per la persistenza delle immagini sulla retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni nello spazio che percorrono.
Così un cavallo in corsa non ha quattro gambe: ne ha venti e i loro movimenti sono triangolari.
Tutto in arte è convenzione e le verità di ieri sono oggi, per noi, pure menzogne.
Affermiamo ancora una volta che il ritratto per essere un’opera d’arte, non può nè deve assomigliare al suo modello, e che il pittore ha in sè i paesaggi che vuol produrre.
Per dipingere una figura non bisogna "farla": bisogna farne l’atmosfera.
Le sedici persone che stanno intorno a voi in un tram che corre, sono una, dieci, quattro, tre, stanno ferme e si muovono vanno e vengono, rimbalzano sulla strada divorate da una zona di sole, indi tornano a sedersi, simboli persistenti della vibrazione universale.
I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo e i divani entrano in noi, così come il tram che passa entra nelle cose, le quali a loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano.
E talvolta sulla guancia della persona con cui parliamo noi vediamo il cavallo che passa lontano.
La costruzione dei quadri è stupidamente tradizionale.
I pittori ci hanno sempre mostrato persone e cose davanti a noi.
Noi porremo lo spettatore nel centro del quadro.
Come in tutti i campi del pensiero umano alle immobili oscurità del dogma è subentrata la illuminata ricerca individuale, così bisogna che nell’arte nostra sia sostituita alla tradizione accademica una vivificante corrente di libertà individuale.
Per concepire e comprendere le bellezze nuove in un quadro moderno bisogna che l’anima ridiventi pura.
Allora tutti si accorgeranno che sotto la nostra epidermide non serpeggia il bruno, ma vi splende il giallo, il rosso vi fiammeggia, il verde, il violetto l’azzurro vi danzano voluttuosi e carezzevoli.
Il volto umano è giallo, è rosso, è verde, è azzurro, è violetto.
Il pallore di un donna che guarda la vetrina di un gioielliere è più iridescente di tutti i prismi dei gioielli che l’affascinano.
Le nostre sensazioni pittoriche non possono essere mormorate: noi le facciamo cantare e urlare nelle nostre tele che squillano fanfare assordanti e trionfali.
Questo naturalmente ci porta a concludere che non vi può essere pittura senza il divisionismo.
Il divisionismo tuttavia non è nel nostro concetto un mezzo tecnico che si possa metodicamente imparare e applicare.
Il divisionismo nel pittore moderno deve essere un COMPLEMENTARISMO CONGENITO.
L’arte che preconizziamo è tutta di spontaneità e di potenza.
 
NOI PROCLAMIAMO:
1) che il complementarismo congenito è una necessita’ assoluta nella pittura.
2) che il dinamismo universale deve essere reso con sensazione dinamica
3) che nell’interpretazione della natura occorrono sincerita’ e verginità
4) che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi.
 
NOI COMBATTIAMO:
1) contro il patinume e la velatura dei falsi antichi
2) contro l’arcaismo superficiale ed elementare a base di tinte piatte
3) contro il nudo in pittura altrettanto stucchevole ed opprimente quanto l’adulterio in letteratura.
 
I pittori futuristi, più tardi, dichiaravano:
" Le esperienze futuriste di Parigi, Londra, Berlino, Dresda, Zurigo, Roma, Rotterdam, Bruxelles, Amburgo, Amsterdam, L’Aia, Monaco, Vienna hanno dimostrato che solo per mezzo nostro l’Italia è oggi all’avanguardia della pittura mondiale.
L’importanza decisiva della nostra rivoluzione artistica ci ha dato all’estero numerosi seguaci ed è stata pure constata dai maggiori critici esteri.
Noi dichiariamo che non può esistere pittura moderna senza il grado di partenza di una concezione assolutamente moderna e nessuno può contraddirci quando affermiamo che la nostra pittura è CONCEZIONE E SENSAZIONE finalmente riunite.
Se i nostri quadri sono futuristi è perchè essi rappresentano il risultato di concezioni etiche, estetiche, politiche e sociali assolutamente futuriste.
Dipingere osservando un modello in posa è un’assurdità ed una viltà mentale, anche se il modello è tradotto nel quadro in forme lineari, sferiche, cubiche.
La simultaneità degli stati d’animo nelle opere d’arte: ecco la meta inebriante della nostra arte.
Per far vivere lo spettatore nel centro del quadro bisogna che il quadro sia la sintesi di quello che si ricorda e quello che si vede.
Bisogna rendere l’invisibile che si agita e vive al di là degli spessori, ciò che abbiamo a destra, a sinistra e dietro di noi, e non il piccolo quadrato di vita artificialmente chiuso come fra gli scenari di un teatro.

La pittura futurista contiene tre nuove concezioni pittoriche:
1) quella che risolve la questione dei volumi nel quadro,
opponendosi alla liquefazione degli oggetti, conseguenza della
visione impressionista
2) quella che traduce gli oggetti secondo LINEE e FORME FORZE e
COLORI FORZE che li caratterizzano
3) quella dello stato d’animo che vuol dare l’ambiente emotivo del
quadro, sintesi dei diversi ritmi astratti di ogni oggetto.
  
 
IL TEATRO FUTURISTA SINTETICO
(Marinetti, Settimelli, Corra)
11 gennaio-18 febbraio 1915
(Atecnico-dinamico-simultaneo-autonomo-alogico-irreale)
 
Aspettando la nostra grande guerra tanto invocata, noi futuristi alterniamo la nostra violentissima azione anti-neutrale nelle piazze e nelle Università, colla nostra azione artistica sulla sensibilità italiana.
Perchè l’Italia impari a decidersi fulmineamente, a slanciarsi, a sostenere ogni sforzo e ogni possibile sventura non occorrono libri e riviste. Queste interessano e occupano solo una minoranza; sono più o meno tediosi, ingombranti o rallentanti, non possono che raffreddare l’entusiasmo, troncare lo slancio e avvelenare di dubbi un mondo che si batte.
La guerra, futurismo intensificato, ci impone di marciare e di non marcire nelle biblioteche e nelle sale di lettura. NOI CREDIAMO DUNQUE CHE NON SI POSSA INFLUENZARE OGGI GUERRESCAMENTE L’ANIMA ITALIANA SE NON MEDIANTE IL TEATRO.
Noi condanniamo tutto il teatro contemporaneo, poiché è tutto prolisso, analitico, pedantemente psicologico, esplicativo, diluito, statico, pieno di divieti come una questura, diviso in celle come un monastero, ammuffito come una vecchia casa disabitata. È insomma un teatro pacifista, in antitesi colla velocità feroce, travolgente e sintetizzante della guerra.
Noi creiamo un teatro futurista sintetico cioè brevissimo. Stringere in pochi minuti, in poche parole, in pochi gesti innumerevoli situazioni, sensibilità, idee, sensazioni, fatti, simboli.
Gli scrittori che vollero rinnovare il teatro (Ibsen, Maeterlinck, Andrejeff, Paul Claudel, Bernard Shaw) non pensarono mai di giungere ad una vera sintesi, liberandosi dalla tecnica che implica prolissità, analisi meticolosa, lungaggine preparatoria.
Tutto questo teatro passatista o semi-futurista invece di sintetizzare fatti e idee nel minor numero di parole e gesti, distrusse bestialmente la varietà dei luoghi (fonte di stupore e dinamismo) insaccando molti paesaggi, piazze, strade nell’unico salame di una camera: cosicché questo teatro è tutto statico.
Siamo convinti che meccanicamente a forza di brevità si possa giungere ad un teatro completamente nuovo in perfetta armonia colla velocissima e laconica nostra sensibilità futurista.
I nostri atti potranno anche essere attimi e cioè durare pochi secondi.
Con questa brevità essenziale e sintetica il teatro potrà sostituire e anche vincere la concorrenza del CINEMATOGRAFO ATECNICO.

Il TEATRO PASSATISTA è la forma letteraria che più costringe la genialità dell’autore a deformarsi e a diminuirsi.

In esso molto più che nella lirica e nel romanzo imperano le esigenze della tecnica:
1) scartare ogni concezione che non rientri nel gusto del pubblico
2) trovata una concezione teatrale (esprimibile in poche parole) diluirla e diluirla in due, tre, quattro atti.
3) mettere intorno al personaggio che ci interessa molta gente che non c’entra affatto: macchiette, tipi bizzarri e altri rompiscatole.
4) fare in modo che la durata di ogni atto oscilli tra la mezz’ora e i tre quarti d’ora
5) costruire gli atti preoccupandosi di:
a) cominciare con sette o otto pagine assolutamente inutili
b) introdurre un decimo della concezione del primo atto, cinque decimi del secondo, quattro decimi del terzo
c) architettare gli atti in maniera ascendente, cosicché l’atto non sia che una preparazione del finale
d) fare senza riguardo il primo atto noiosetto, purché il secondo sia divertente ed il terzo divorante
6) appoggiare invariabilmente ogni battuta essenziale a un centinaio o più di battute insignificanti di preparazione.
7) non consacrare mai meno di una pagina a spiegare con esattezza un’entrata o un’uscita
8) applicare sistematicamente la regola di una superficiale varieta' all’interno del lavoro, agli atti, alle scene, alle battute, cioè per es. fare un atto di un giorno, uno di sera e uno nel cuor della notte. Fare un atto patetico, uno angoscioso e uno sublime; quando si è costretti a prolungare un colloquio a due fare accadere qualcosa che lo interrompa: un vaso che cade, una mandolinata che passa. Oppure far muovere costantemente le due persone, da sedute in piedi, da destra a sinistra e intanto variare il dialogo in modo che sembri ad ogni istante che qualche bomba debba scoppiare fuori, senza che in realtà scoppi mai niente sino alla fine dell’atto.
9) preoccuparsi enormemente della verosimiglianza dell’intreccio.
10) fare in modo che il pubblico debba sempre capire con la massima completezza il come e il perchè di ogni azione scenica e soprattutto sapere all’ultimo atto come vanno a finire i protagonisti.

Col nostro movimento sintetista nel teatro noi vogliamo distruggere la tecnica che dai Greci ad oggi, invece di semplificarsi è divenuta sempre più dogmatica, stupidamente logica, meticolosa, pedante,strangolatrice

DUNQUE
È STUPIDO scrivere 100 pagine dove ne basterebbe una sola, perchè il pubblico, per abitudine e per infantile istintivismo, vuol vedere il carattere di un personaggio risultare da una serie di fatti e ha bisogno di illudersi che il personaggio stesso esista realmente per ammirarne il valore d’arte, mentre non vuole ammettere questo valore se l’autore si limita a indicarlo con pochi tratti.
È STUPIDO non ribellarsi al pregiudizio della teatralità quando la vita stessa ( la quale è costituita da azioni infinitamente più impacciate, più regolate e più prevedibili di quelle che si svolgono nel campo dell’arte è in massima parte antiteatrale e offre anche in questa sua parte innumerevoli possibilità sceniche. TUTTO È TEATRALE QUANDO HA VALORE.
È STUPIDO soddisfare la primitiva’ delle folle che alla fine vogliono vedere esaltato il personaggio simpatico e sconfitto l’antipatico
È STUPIDO curarsi della verosimiglianza (assurdità, questa, poiché valore e genialità non coincidono affatto con essa)
È STUPIDO voler spiegare con una logica minuziosa tutto ciò che si rappresenta, quando anche nella vita non ci accade mai di afferrare un avvenimento interamente, con tutte le sue cause e conseguenze, perchè la realtà ci vibra attorno assalendoci con raffiche di frammenti di fatti combinati tra loro, incastrati gli uni negli altri, confusi, aggrovigliati, caotizzati.
È STUPIDO sottostare alle imposizioni del crescendo, della preparazione e del massimo effetto alla fine.
È STUPIDO lasciare imporre alla propria genialità il peso di una tecnica che tutti (anche gli imbecilli) possono acquistare a furia di studio, di pratica e di pazienza.
È STUPIDO rinunziare al dinamico salto nel vuoto della creazione totale fuori da tutti i campi esplorati.
DINAMICO = SIMULTANEO, cioè nato dall’improvvisazione, dalla fulminea intuizione, dall’attualità suggestionante e rivelatrice.
Noi crediamo che una cosa valga in quanto sia stata improvvisata (ore, minuti, secondi) e non preparata lungamente (mesi, anni, secoli) .
Noi abbiamo un’invincibile ripugnanza per il lavoro fatto a tavolino, a priori, senza tener conto dell’ambiente in cui dovrà essere rappresentato.
 
LA MAGGIOR PARTE DEI NOSTRI LAVORI SONO STATI SCRITTI IN TEATRO.
L’ambiente teatrale è per noi un serbatoio inesauribile di ispirazioni.
NOI OTTENIAMO UN DINAMISMO ASSOLUTO MEDIANTE LA COMPENETRAZIONE DI TEMPI E AMBIENTI DIVERSI.
AUTONOMO, ALOGICO, IRREALE = la sintesi teatrale futurista non sarà sottomessa alla logica, non conterrà nulla di fotografico, sarà autonoma, non somigliera' che a se stessa pur traendo dalla realtà elementi da combinarsi a capriccio.
Anzitutto come per il pittore e per il musicista esiste sparpagliata nel mondo esteriore una vita più ristretta ma più intensa costituita da odori, forme, suoni e rumori, , così per l’uomo dotato di sensibilità teatrale esiste una realtà specializzata la quale assalta i nervi con violenza: essa è
costituita da ciò che si chiama MONDO TEATRALE.
Il teatro futurista nasce dalle due vitalissime correnti della sensibilità futurista precisate nei due manifesti:

IL TEATRO DI VARIETA’ e PESI, MISURE E PREZZI DEL GENIO ARTISTICO, che sono:
1) La nostra frenetica passione per la vita attuale, veloce, frammentaria, elegante, complicata, cinica, muscolosa, sfuggevole, futurista;
2) La nostra modernissima concezione cerebrale dell’arte secondo la quale nessuna logica, nessuna tradizione, nessuna estetica, nessuna tecnica, nessuna opportunità è impossibile alla genialità dell’artista che deve solo preoccuparsi di creare delle espressioni sintetiche di energia cerebrale le quali abbiano valore assoluto di novità.
 
CONCLUSIONI
1) Abolire totalmente la tecnica sotto cui muore il teatro passatista.
2) porre sulla scena tutte le scoperte (per quanto inverosimili, bizzarre o antiteatrali) che la nostra genialità va facendo sul sub-cosciente, nelle forze mal definite, nell’astrazione pura, nel cerebralismo puro, nella fantasia pura, nel record e nella fisico-follia.
3) Sintonizzare la sensibilità del pubblico esplorandone, risvegliandone con ogni mezzo le propaggini più pigre, eliminare il preconcetto della ribalta, lanciando delle reti di sensazioni tra palcoscenico e pubblico: l’azione scenica invaderà platea e spettatori.
4) Fraternizzare calorosamente coi comici, i quali sono tra i pochi pensatori che rifuggano da ogni deformante sforzo culturale.
5) Eliminare la farsa, il vaudeville, la pochade, la commedia, il dramma e la tragedia, per creare al loro posto le numerose forme del teatro futurista come: le battute in libertà, la simultaneità, la compenetrazione, il poemetto animato, la sensazione sceneggiata, l’ilarità dialogata, l’atto negativo, la battuta riecheggiata, la discussione extra logica, la deformazione sintetica, lo spiraglio scientifico.
6) Creare tra noi e la folla, mediante un contatto continuato una corrente di confidenza senza rispetto, così da trasfondere nei nostri pubblici la vivacità dinamica di una nuova teatralità futurista.
7) Abolire i tre o cinque atti per creare delle azioni teatrali di quindici, venti, venticinque sintesi, la cui durata sia ridotta ad un minuto o a pochi secondi, catene di sorprese suggestive con velocità accelerata senza psicologia nè preparazione logica.

 

LA SCULTURA FUTURISTA – Boccioni 11 aprile 1912

(….) Non vi può essere rinnovamento alcuno in un’arte se non viene rinnovata l’essenza, cioè la visione e la concezione della linea e delle mosse che formano l’arabesco.
Non è solo riproducendo gli aspetti esteriori della vita contemporanea che l’arte diventa espressione del proprio tempo, e perciò la scultura come è stata intesa fin’adesso dagli artisti del secolo passato e del precedente è un mostruoso anacronismo!
La scultura non ha progredito a causa della ristrettezza del campo assegnatole dal concetto accademico del NUDO.
Un’arte che ha bisogno di spogliare interamente un uomo o una donna per cominciare la sua funzione emotiva è un’arte morta!
La pittura s’è rinsanguata, approfondita e allargata mediante il paesaggio e l’ambiente fatti simultaneamente agire sulla figura umana o sugli oggetti, giungendo alla nostra FUTURISTA COMPENETRAZIONE DEI PIANI.
Così la scultura trovarè nuova sorgente di emozione, quindi di stile, estendendo la sua plastica a quello che la nostra rozzezza barbara ci ha fatto fino ad oggi considerare come suddiviso, impalpabile, quasi inesprimibile plasticamente.
Noi dobbiamo partire dal nucleo centrale dell’oggetto che si vuol creare, per scoprire le nuove leggi, cioè le nuove forme che lo legano invisibilmente, ma matematicamente all’INFINITO PLASTICO APPARENTE o all’INFINITO PLASTICO INTERIORE.
La nuova plastica Sarà dunque la traduzione nel gesso, nel bronzo, nel vetro, nel legno o in qualsiasi altra materia dei piani atmosferici che legano e intersecano le cose.
Questa visione che io ho chiamato TRASCENDENTALISMO FISICO potrà rendere plastiche le simpatie e le affinità misteriose che creano le reciproche influenze formali dei piani degli oggetti.
La scultura deve quindi far vivere gli oggetti rendendo sensibile, sistematico e plastico il loro prolungamento nello spazio, poiché nessuno può dubitare che un oggetto finisca dove un altro comincia e non v’è cosa che non circondi il nostro corpo: bottiglia, automobile, casa, albero, strada che non lo tagli e non lo sezioni con un arabesco di curve rette
In scultura come in pittura non si può rinnovare se non cercando LO STILE DEL MOVIMENTO, cioè rendendo sistematico e definitivo come sintesi quello che l’impressionismo ha dato come frammentario, accidentale, quindi analitico.
E questa sistemazione delle vibrazioni delle luci delle compenetrazioni produrrà la scultura futurista, il cui fondamento Sarà architettonico non soltanto come costruzione di masse, ma in modo che il blocco scultorio abbia in sè gli elementi architettonici dell’AMBIENTE SCULTORIO in cui vive il soggetto.
Naturalmente noi daremo una SCULTURA D’AMBIENTE.
Una composizione scultoria futurista avrà in sè i meravigliosi elementi matematici e geometrici che compongono gli oggetti del nostro tempo.
E questi oggetti non saranno vicini alla statua come attributi esplicativi o elementi decorativi staccati, ma, seguendo le leggi di una nuova concezione dell’armonia, saranno incastrati nelle linee muscolari di un corpo.
Cosi’, dall’ascella di un meccanico porta’ uscire la ruota di un congegno, così la linea di un tavolo porta’ tagliare la testa di chi legge e il libro sezionare col suo ventaglio di pagine lo stomaco del lettore.
Perché la scultura dovrebbe rimanere indietro, legata a leggi che nessuno ha il diritto di imporle?
Rovesciamo tutto, dunque, e proclamiamo l’assoluta e completa abolizione della linea finita e della statua chiusa.
Spalanchiamo la figura e chiudiamo in essa l’ambiente.
Proclamiamo che l’ambiente deve far parte del blocco plastico come un mondo a se e con leggi proprie; che il marciapiede può salire sulla vostra tavola e che la vostra testa può attraversare la strada mentre tra una casa e l’altra la vostra lampada allaccia la sua ragnatela di raggi di gesso.
Proclamiamo che tutto il mondo apparente deve precipitarsi su di noi amalgamandosi, creando un’armonia colla sola misura dell’intuizione creativa; che una gamba, un braccio o un oggetto, non avendo importanza se non come oggetti del ritmo plastico, possono essere abolite non per imitare un frammento greco o romano, ma per ubbidire all’armonia che l’autore vuol creare.
Un insieme scultorio, come un quadro, non può assomigliare che a se stesso, poiché la figura e le cose devono vivere in arte al di fuori della logica fisionomica.
Così una figura può essere vestita in un braccio e nuda nell’altro e le diverse linee di un vaso di fiori possono rincorrersi agilmente tra le linee del cappello e quelle del collo.
Così dei piani trasparenti, dei vetri, delle lastre di metallo, dei fili delle luci elettriche esterne o interne potranno indicare i piani, le tendenze, i toni, i semitoni di una nuova realtà.
Così una nuova intuitiva colorazione di bianco, di grigio, di nero, può aumentare la forza emotiva dei piani, mentre la nota di un piano colorato accentuarè con violenza il significato astratto del fatto plastico.
Ciò che abbiamo detto sulle LINEE-FORZE in pittura può dirsi anche per la scultura, facendo vivere la linea muscolare statica nella linea forza dinamica.
In questa linea muscolare predominarè la linea retta, che è la sola corrispondente alla semplicità interna della sintesi che noi contrapponiamo al barocchismo esterno dell’analisi.
Ma la linea retta non ci condurrà all’imitazione degli egizi, dei primitivi o dei selvaggi, come qualche scultore moderno ha disperatamente tentato per liberarsi dal greco, la nostra linea retta Sarà viva e palpitante, si prestarè a tutte le necessita’ delle infinite espressioni della materia, e la sua nuda severità fondamentale Sarà simbolo della severità di acciaio delle linee del macchinario moderno.
Possiamo infine affermare che nella scultura l’artista non deve indietreggiare davanti ad alcun mezzo pur di ottenere una REALTÀ.
Nessuna paura è più stupida di quella che ci fa temere di uscire dall’arte che esercitiamo.
Non v’è pittura, ne scultura, ne musica, ne poesia, non v’è che creazione!
Quindi se una composizione sente il bisogno di un ritmo speciale di movimento che aiuti o contrasti il ritmo fermato dell’INSIEME SCULTORIO (necessita’ dell’opera d’arte) si porta’ applicarvi un qualsiasi congegno che possa dare un movimento ritmico adeguato a dei piani o a delle linee.
Non possiamo dimenticare che il tic-tac o le sfere in moto di un orologio, che l’entrata o l’uscita di uno stantuffo in un cilindro, che l’aprirsi e il chiudersi di due ruote dentate con l’apparire e lo scomparire continuo dei loro rettangoletti d’acciaio, che la furia di un volante, o il turbine di un’elica sono tutti elementi plastici e pittorici di cui un’opera scultorea futurista deve avvalersi.
L’aprirsi e il richiudersi di una valvola crea un ritmo altrettanto bello ma infinitamente più nuovo di quello d’una palpebra animale.

CONCLUSIONI
1) Proclamare che la scultura si prefigge la ricostruzione astratta dei piani e dei volumi che determinano le forme, non il loro valore figurativo.
2) Abolire in scultura come in qualsiasi altra arte il sublime tradizionale dei soggetti
3) Negare nella scultura qualsiasi scopo di costruzione episodica veristica, ma affermare la necessita’ assoluta di servirsi di tutte le realtà per tornare agli elementi essenziali della sensibilità plastica. Quindi percependo i corpi e le loro parti come ZONE PLASTICHE, avremo in una composizione scultoria futurista, piani di legno o di metallo, immobili o meccanicamente mobili, per un oggetto forme sferiche, pelose per i capelli, semicerchi di vetro per un vaso, fili di ferro e reticolati per un piano atmosferico, ecc.
4) Distruggere la nobiltà tutta letteraria del marmo e del bronzo.
Negare l’esclusività di una materia per l’intera costruzione di un insieme scultorio.
Affermare che anche venti materie diverse possono concorrere in una sola sfera allo scopo di un’emozione plastica.
Ne numeriamo alcune: vetro, legno, cartone, ferro, cemento, crine, cuoio, stoffa, specchi, luce elettrica, ecc.
5) Proclamare che nell’intersezione dei piani di un libro con gli angoli singoli di una tavola, nelle rette di un fiammifero, nel telaio d’una finestra, v’è più verità che in tutti i grovigli
di muscoli, in tutti i seni e in tutte le fatiche di eroi o di veneri che ispirano la moderna idiozia scultoria.
6) Che solo una modernissima scelta di soggetti porta’ portare alla scoperta di nuove idee plastiche.
7) Che la linea retta è il solo mezzo che possa portare alla verginità primitiva di una nuova costruzione architettonica delle masse o zone scultorie.
8) Che non vi può essere rinnovamento se non attraverso la SCULTURA D’AMBIENTE, precè con essa la plastica si sviluppare’, prolungandosi porta’ MODELLARE L’ATMOSFERA che circonda le cose.
9) La cosa che si crea non è che il ponte tra l’INFINITO PLASTICO ESTERIORE e l’INFINITO PLASTICO INTERIORE, quindi gli oggetti non finiscono mai e si intersecano con infinite combinazioni di simpatia e urti di avversione.
10) Bisogna distruggere il nudo sistematico, il concetto tradizionale della statua e del monumento.
11) Rifiutare coraggiosamente qualsiasi lavoro a qualsiasi prezzo, che non abbia in sè una pura costruzione di elementi plastici completamente rinnovati.
 
 
LA MUSICA FUTURISTA
dal manifesto tecnico di Balilla Pratella del 29 marzo 1911
 
Noi futuristi proclamiamo che i diversi modi di scala antichi, che le varie sensazioni di maggiore, minore, diminuito, eccedente e che pure i recentissimi modi di scala per toni interi, non sono altro che semplici particolari di un unico modo armonico e atonale di scala cromatica.
Dichiariamo inoltre inesistenti i valori di consonanza e dissonanza.
Dalle innumerevoli combinazioni e dalle svariate relazioni che ne deriveranno, fiorirà la melodia futurista.
Questa melodia altro non sarà che la sintesi dell’armonia, simile alla linea ideale formata dall’incessante fiorire di mille onde marine dalle creste ineguali.
Noi futuristi proclamiamo quale progresso e quale vittoria dell’avvenire sul modo cromatico atonale, la ricerca e la realizzazione del modo anarmonico.
Mentre il cromatismo ci fa unicamente usufruire di tutti i suoni contenuti in una scala divisa per semitoni minori e maggiori, l’armonia, col contemplare anche le minime suddivisioni del tono, oltre al prestare della nostra sensibilità rinnovata il numero massimo di suoni determinabili e combinabili, ci permette anche nuove e più svariate relazioni di accordi e di timbri.
Ma sopra ogni cosa l’anarmonia ci rende possibile l’intonazione e la modulazione naturale ed istintiva degli intervalli anarmonici presentemente infattibili, data l’artificiosità della nostra scala a sistema temperato, che non vogliamo superare.
Noi futuristi amiamo da molto tempo questi intervalli anarmonici che troviamo solo nelle stonature dell’orchestra, quando gli strumenti suonano in impianti diversi, e nei canti spontanei del popolo, quando sono intonati senza preoccupazione d’arte.
Perciò si dovranno considerare relativi fra loro i tempi pari, dispari e misti come gai’ similmente si considerano i ritmi binari, ternari, ternari-binari e binari-ternari.
Una o più battute in tempo dispari in mezzo ad una chiusura di un periodo di battuta in tempo pari o misto e viceversa non si dovranno più condannare con leggi ridicole e fallaci della cosiddetta QUADRATURA; la composizione istrumentale si concepisca istrumentalmente, immaginando e sentendo un’orchestra particolare per ogni particolare e diversa condizione musicale dello spirito (….) la sinfonia futurista considera come sue massime forme: il Poema Sinfonico, orchestrale e vocale e l’Opera Teatrale.
Il sinfonista puro trae dai suoi motivi passionali svolgimenti, contrasti, linee e forme, con fantasia ampia e libera, non dovendo attenersi ad alcun criterio che non sia il suo senso artistico di equilibrio e proporzione, e trovando il suo fine nel complesso dei mezzi espressivi ed estetici propri della pura arte musicale.
Questo senso di equilibrio futurista altro non è che il raggiungimento della massima intensità di espressione.
L’operista attrae, in cambio, nell’orbita dell’ispirazione e dell’estetica musicale tutti i riflessi dell’altra arte-concorrenza potente alla moltiplicazione dell’efficacia espressiva e comunicativa.
L’operista deve concepire conseguenti alla sua ispirazione ed estetica musicale questi altri elementi secondari.
La voce umana, pur essendo massimo mezzo di espressione, perché nostra e da noi proveniente, sarà circonfusa dall’orchestra, atmosfera sonora, piena di tutte le voci della natura, rese attraverso l’arte.
L’operista, creando ritmi nel collegare le parole, crea gai’ musicalmente ed è autore unico dell’opera propria.
Musicando invece la poesia d’altri, egli rinuncia stupidamente alla sua particolare fonte d’ispirazione originale, alla sua estetica musicale, ed assume da altri la parte ritmica delle sue melodie.

1) Bisogna concepire la melodia quale una SINTESI DELL’ARMONIA
considerando le definizioni di maggiore, minore, eccedente e diminuito come semplici particolari di un unico modo cromatico atonale.
2) Considerare l’anarmonia come una magnifica conquista del futurismo.
3) Infrangere il dominio del ritmo di danza considerando questo ritmo quale un particolare del ritmo libero, come il ritmo dell’endecasillabo può essere un particolare della strofa in versi liberi.
4) Con la fusione dell’armonia e del contrappunto, creare la polifonia in senso assoluto, non mai usato fino ad oggi.
5) Impossessarsi di tutti i valori espressivi e dinamici dell’orchestra e considerare l’istrumentazione sotto l’aspetto di universo sonoro incessantemente mobile e costituente un unico tutto per la fusione effettiva di tutte le sue parti
6) Considerare le forme musicali conseguenti e dipendenti dei motivi passionali generatori.
7) Non scambiare per forma sinfonica i soliti schemi tradizionali trapassati e sepolti della sinfonia.
8) Concepire l’opera teatrale come una forma sinfonica.
9) Proclamare la necessita’ assoluta che il musicista sia autore del poema drammatico e tragico per la sua musica. L’azione simbolica del poema deve balzare alla fantasia del musicista, incalzata dalla volontà di esplicare motivi personali. I versi scritti da altri costringerebbero il musicista ad accettare da altri il ritmo per la propria musica.
10) Riconoscere nel verso libero l’unico mezzo per giungere ad un criterio di libertà poliritmica.
11) Portare nella musica tutti i nuovi atteggiamenti della natura, sempre diversamente domata dall’uomo per virtù’ delle incessanti scoperte scientifiche.
Dare l’animo musicale delle folle, dei grandi cantieri industriali, dei treni, dei transatlantici, delle corazzate, delle automobili e degli aeroplani.
Aggiungere ai grandi motivi centrali del poema musicale il dominio della macchina e il dominio vittorioso dell’elettricità.
 
 
L’ARTE DEI RUMORI
Luigi Russolo-marzo 1913

L’evoluzione della musica è parallela al moltiplicarsi delle macchine che collaborano con l’uomo.
NOI VOGLIAMO INTONARE E REGOLARE ARMONICAMENTE E RITMICAMENTE QUESTI SVARIATISSIMI RUMORI.
Ogni rumore ha un tono, talora anche un accordo che predominera' nell’insieme delle sue vibrazioni irregolari.
Ora da questo caratteristico tono predominante deriva la possibilità pratica di intonarlo, di dare cioè ad un dato rumore non un solo tono, ma una certa varieta' di toni, senza perdere la sua caratteristica, voglio dire il timbro che lo distingue.
Così alcuni rumori ottenuti con un movimento rotativo possono offrire una intera scala cromatica ascendente o discendente se si aumenta o diminuisce la velocità del movimento.
Benché la caratteristica del rumore sia di richiamarci bruscamente alla vita, L’ARTE DEI RUMORI NON DEVE LIMITARSI A UNA PRODUZIONE IMITATIVA.
Essa attingerà la sua maggiore facoltà di emozione nel godimento acustico di se stesso, che l’ispirazione dell’artista s’apra’ trarre dai rumori combinati.
Ecco le sei famiglie di rumori dell’orchestra futurista che Russolo realizzo’ nei suoi trenta INTONARUMORI e riunì’ nel suo RUMORARMONIO:
ROMBI FISCHI BISBIGLI
TUONI SIBILI MORMORII
SCOPPI SBUFFI BORBOTTII
SCROSCI BRUSII
TONFI GORGOGLII
BOATI
STRIDORI RUMORI OTTENUTI VOCI DI ANIMALI
SCRICCHIOLII A PERCUSSIONE E DI UOMINI
FRUSCII SU METALLI, GRIDI, STORLI
RONZII PELLI, LEGNI, GEMITI, URLA
CREPITII PIETRE, ULULATI, RISATE
STROPICCII TERRECOTTE, ECC. RISATE, RANTOLI
SINGHIOZZI
 

L’ARCHITETTURA FUTURISTA Dal manifesto di Sant’Elia – 11 luglio 1914

Il problema dell’architettura futurista non è un problema di rimaneggiamento lineare.
Non si tratta di trovare nuove sagome, nuove marginature di finestre o di porte, di sostituire colonne, pilastri e mensole con cariatidi, mosconi o rane, non si tratta di lasciare la facciata a mattone nudo, o di intonacarla o rivestirla di pietra, ne di determinare differenze formali tra l’edificio nuovo e quello vecchio; ma di creare di sana pianta la casa futurista, di costruirla con ogni risorsa della scienza e della tecnica, appagando signorilmente ogni esigenza del nostro costume e del nostro spirito, calpestando quanto è grottesco, pesante, antiestetico con noi (tradizione, stile estetico, proporzione) determinando nuove forme, nuove linee, una nuova armonia di profili e di volumi, un’architettura che abbia la sua ragione d’essere solo nelle condizioni speciali della vita moderna, e la sua rispondenza come valore estetico nella nostra sensibilità.
Questa architettura non può essere soggetta ad alcuna legge di continuati’ storica.
Deve essere nuova come è nuovo il nostro stato d’animo.
L’architettura si stacca dalla tradizione
Il calcolo sulla resistenza dei materiali, l’uso del cemento armato e del ferro escludono "l’architettura" intesa nel senso classico e tradizionale.
I materiali moderni da costruzione e le nostre nozioni scientifiche, non si prestano assolutamente alla disciplina degli stili storici e sono la causa principale dell’aspetto grottesco delle nostre costruzioni "alla moda", nelle quali si vorrebbe ottenere dalla leggerezza, dalla snellezza superba e dalla fragilità del cemento armato, la curva pesante dell’arco e l’aspetto massiccio del marmo.
Abbiamo perduto il senso del monumentale, del pesante, dello statico ed abbiamo arricchito la nostra sensibilità del giusto, del leggero, del pratico, dell’effimero, del veloce.
Noi dobbiamo inventare e rifabbricare la città futurista simile ad un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e la casa futurista simile ad una macchina gigantesca.
Gli ascensori non devono rincantucciarsi come vermi solitari nei vani delle scale, ma le scale, divenute inutili, devono essere abolite, e gli ascensori devono inerpicarsi, come serpenti di ferro e di vetro, lungo le facciate.
La casa di cemento, di vetro, di ferro, senza pittura e senza scultura, ricca soltanto della bellezza congenita alle sue linee e ai suoi rilievi, straordinariamente "brutta" nella sua meccanica semplicità, alta e larga quanto è necessario e non quanto è prescritto dalla legge municipale, deve sorgere sull’orlo di un abisso tumultuante: la strada la quale non si stenderà come un soppedaneo al livello delle portinerie, ma si sprofondera' nella terra per parecchi piani, che accoglieranno il traffico metropolitano e saranno congiunti, per i transiti necessari, da passerelle metalliche e velocissimi tapis roulants.
BISOGNA ABOLIRE IL DECORATIVO.
Bisogna risolvere il problema dell’architettura futurista non più rubacchiando da fotografie della Cina, della Persia e del Giappone, non più imbecillendo sulla tecnica.
Tutto deve essere rivoluzionato.
Bisogna sfruttare i tetti, utilizzare i sotterranei, diminuire l’importanza delle facciate, trapiantare i problemi del buon gusto dal camino della sagometta, del portoncino, in quello più ampio dei grandi aggruppamenti di masse, della vasta disposizione delle piante.
Finiamola con l’architettura monumentale, funebre, commemorativa.
Buttiamo all’aria monumenti, marciapiedi, porticati, gradinate, sprofondiamo le strade e le piazze, innalziamo il livello della città.
 
IO COMBATTO E DISPREZZO
1) Tutta la pseudo – architettura d’avanguardia austriaca, ungherese, tedesca e americana.
2) Tutta l’architettura classica, solenne, scenografica, decorativa, monumentale, leggiadra, piacevole.
3) L’imbalsamazione, la ricostruzione, la riproduzione dei monumenti e dei palazzi antichi.
4) Le linee perpendicolari e orizzontali; le forme cubiche e piramidali che sono statiche, gravi, opprimenti ed assolutamente fuori della nostra nuovissima sensibilità.
5) L’uso di materiali voluminosi, massicci, duraturi, antiquati, costosi.
E PROCLAMO:
1) Che l’architettura futurista è l’architettura del calcolo dell’audacia temeraria e della semplicità, l’architettura del cemento armato, del ferro, del vetro, del cartone, della fibra tessile e di tutti quei surrogati al legno, alla pietra e al mattone che permettono di ottenere il massimo dell’elasticità e della leggerezza.
2) Che l’architettura futurista non è per questo un’arida combinazione di partitica’ e di utilità, ma rimane arte, cioè sintesi, espressione.
3) Che le linee oblique e quelle elettriche sono dinamiche, per la loro stessa natura hanno una potenza emotiva alle volte superiori a quelle perpendicolari e orizzontali, e che non vi può essere un’architettura dinamicamente integratrice all’infuori di esse.
4) Che la decorazione, come qualcosa di sovrapposto all’architettura è un assurdo, e che soltanto dall’uso e dalla disposizione originale del materiale greggio o nudo o violentemente colorato dipende il valore decorativo dell’architettura futurista.
5) Che, come gli antichi trassero l’ispirazione dagli elementi della natura, noi materialmente e spiritualmente artificiali dobbiamo trovare quell’ispirazione negli elementi del mondo meccanico che abbiamo creato e di cui l’architettura deve essere la più bella espressione, la sintesi più completa, l’integrazione artistica più efficace.
6) Che l’architettura come arte di disporre le forme degli edifici secondo criteri prestabiliti è finita.
7) Per architettura si deve intendere lo sforzo di armonizzare con libertà e con grande audacia l’ambiente con l’uomo, cioè rendere il mondo delle cose una proiezione diretta del mondo dello spirito.
8) Da un’architettura così concepita non può nascere nessuna abitudine plastica o lineare, perché i caratteri fondamentali dell’architettura futurista saranno la caducità e la transitorietà.
 
LE CASE DURERANNO MENO DI NOI.
OGNI GENERAZIONE DOVRA’ FABBRICARSI LA SUA CITTÀ.

LA CINEMATOGRAFIA FUTURISTA
dal manifesto di Marinetti, Bruno Corra, E. Settimelli, A.Ginna, G.Balla, R.Chiti – 11 settembre 1916

A prima vista il cinematografo, esistente da pochissimi anni, può gia’ sembrare futurista, cioè privo di passato e libero da tradizioni: in realtà esso, sorgendo come teatro senza parole, ha ereditato tutte le più tradizionali spazzature del teatro letterario.
Il cinematografo sino ad oggi è stato e tende a rimanere profondamente passatista, mentre noi vediamo in esso la possibilità di un’arte eminentemente futurista e il mezzo di espressione più adatto alla plurisensibilita’ di un artista futurista.
Il cinematografo è un’arte a se.
Il cinematografo non deve mai copiare il palcoscenico.
Il cinematografo essendo sostanzialmente visivo, deve compiere anzitutto l’evoluzione della pittura: staccarsi dalla realtà, dalla fotografia, dal grazioso e dal solenne.
Diventare antigrazioso, deformatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero.
Occorre liberare il cinematografo come mezzo di espressione per farne lo strumento ideale di una nuova arte più vasta e più agile di tutte quelle esistenti.
Siamo convinti che solo attraverso di esso si potra’ raggiungere quella poliespressività verso la quale tendono tutte le più moderne ricerche artistiche.
Il cinematografo futurista crea oggi la sinfonia poliespressiva.
Nel film futurista entreranno come mezzi di espressione gli elementi più svariati: dal brano di vita reale, alla chiazza di colore, dalla linea alle parole in libertà, dalla musica cromatica e plastica alla musica di oggetti.
Esso Sarà insomma pittura, architettura, scultura, parole in libertà, musica di colori, linee e forme, accozzo di oggetti e realtà.
Offriamo nuove ispirazioni alle ricerche dei pittori i quali tenderanno a sforzare i limiti del quadro.
Metteremo in moto le parole in libertà che rompono i limiti della letteratura marciando attraverso la pittura, la musica, l’arte dei rumori, gettando un meraviglioso ponte tra la parola e l’oggetto reale.

I nostri film saranno:
1) Analogie cinematografate, usando la realtà direttamente con uno dei due elementi dell’analogia.
I monti, i mari, i boschi, le città e le folle, gli eserciti, le squadre, gli aeroplani saranno spesso le nostre parole formidabilmente espressive.
L’universo Sarà il nostro vocabolario.
2) Poemi, discorsi e poesie cinematografati.
Faremo passare tutte le immagini che li compongono sullo schermo.
3) Simultaneità e compenetrazione di tempi e di luoghi diversi cinematografate.
Daremo nello stesso istante-quadro due o tre visioni differenti l’una accanto all’altra.
4) Ricerche musicali cinematografate (dissonanze, accordi, sinfonie di gesti, fatti, colori, linee, ecc.)
5) Stati d’animo sceneggiati e cinematografati.
6) Esercitazioni quotidiane per liberarsi dalla logica cinematografata.
7) Drammi d’oggetti cinematografati (oggetti animati, umanizzati, truccati, vestiti, passionalizzati, civilizzati, danzanti – oggetti tolti dal loro ambiente naturale in una condizione anormale che per contrasto mette in risalto la loro stupefacente costruzione e vita non umana.
8) Vetrine d’idee, di avvenimenti, di tipi, d’oggetti, ecc. cinematografati.
9) Congressi, flirts, risse e matrimoni di smorfie, di mimiche, ecc. cinematografati.
10) Ricostruzioni irreali del capo umano cinematografate.
11) Drammi di sproporzioni cinematografate.
12) Drammi potenziali e piani strategici di sentimenti cinematografati.
13) equivalenze lineari plastiche ecc. di uomini, donne, avvenimenti, pensieri, musiche, sentimenti, pesi, odori, rumori cinematografati.
14) Parole in libertà in movimento cinematografate (tavole sinottiche di valori lirici, drammi di lettere umanizzate o animalizzate, drammi ortografici, drammi tipografici, drammi geometrici, sensibilità numerica, ecc.)
Pittura + scultura + dinamismo plastico + parole in libertà + intonarumori + architettura + teatro sintetico = CINEMATOGRAFO FUTURISTA.
Scomponiamo e ricomponiamo così l’universo secondo i nostri meravigliosi capricci, per centuplicare la potenza del genio creatore italiano e il suo predominio assoluto nel mondo. 

LA CUCINA FUTURISTA
Manifesto pubblicato sulla Gazzetta del Popolo di Torino
il 28 dicembre 1930

Il giorno 28 dicembre 1930 sulla Gazzetta del Popolo di Torino apparve il MANIFESTO DELLA CUCINA FUTURISTA:
(…) Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa, si sogna e si agisce secondo quello che si mangia o che si beve.
Consultiamo in proposito le nostre labbra, la nostra lingua, il nostro palato, le nostre papille gustative, le nostre secrezioni ghiandolari ed entriamo genialmente nella chimica gastrica.
Noi futuristi sentiamo che per il maschio la voluttà dell’amare è scavatrice abissale dall’alto in basso, mentre per la femmina è orizzontale a ventaglio.
La voluttà del palato è invece per il maschio e per la femmina ascensionale dal basso all’alto del corpo umano.
Sentiamo inoltre la necessita’ di impedire che l’italiano diventi cubico, massiccio, impiombato da una compattezza opaca e cieca.
Si armonizzi invece sempre più con l’italiana, snella trasparenza, spiralica di passione, tenerezza, luce, volontà tenacità eroica.
Prepariamo un’agilità di corpi italiani adatti ai leggerissimi treni d’alluminio che sostituiranno gli attuali di ferro, legno, acciaio pesanti.
Convinti che nella probabile conflagrazione futura v’incera’ il popolo più agile e scattante, noi futuristi, dopo aver agilizzato la letteratura mondiale con parole in libertà e lo stile simultaneo, evoluto, svuotato il teatro dalla noia mediante sintesi alogiche a sorpresa e drammi di oggetti inanimati, immensificato la plastica con l’anti-realismo, creato lo splendore geometrico architettonico senza decorativismo, la cinematografia e la fotografia astratte, stabiliamo il nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce.

CREDIAMO ANZITUTTO NECESSARIA:
a) L’abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana.
b) L’abolizione del volume e del peso nel modo di concepire o valutare il nutrimento.
c) L’abolizione delle tradizionali miscele per l’esperimento di tutte le nuove miscele apparentemente assurde, secondo il consiglio di Jazzo Maincava e altri cuochi futuristi.
d) L’abolizione del quotidianismo mediocrista nei piaceri del palato.
Invitiamo la chimica al dovere di dare presto al corpo le calorie necessarie mediante equivalenti nutritivi di Stato: in polvere, o pillole, composti albuminoidei, grassi sintetici, vitamine.
Si giungerà così ad un reale ribasso del prezzo della vita e dei salari con relativa riduzione delle ore di lavoro.
Oggi per 2000 Kilowatt occorre soltanto un operaio. Le macchine costituiranno presto un obbediente proletariato di ferro, acciaio, alluminio al servizio degli uomini quasi totalmente alleggeriti dal lavoro normale.
Questo essendo ridotto a due o tre ore permette di perfezionare e di nobilitare le altre ore col pensiero, le arti e la pregustazione di pranzi perfetti.
In tutti i ceti i pranzi saranno distanziati ma perfetti nel quotidianismo degli equivalenti nutritivi.

Il pranzo perfetto esige:
1) Un’armonia originale della tavola (cristalleria, vasellame, addobbo) coi sapori e colori delle vivande.
2) L’originalità assoluta delle vivande.
3) L’abolizione della forchetta e del coltello per i complessi plastici che possono dare piacere tattile prelabiale.
4) L’uso dell’arte dei profumi per favorire la degustazione; ogni vivanda dovrà essere preceduta da un profumo che verrà cancellato dalla tavola mediante ventilatori.
5) L’uso della musica limitato negli intervalli tra vivanda e vivanda perché non distrugga la sensibilità della lingua e del palato e serva ad annientare il sapore goduto ristabilendo una verginità degustativa.
6) L’abolizione dell’eloquenza e della politica a tavola.
7) L’uso dosato della poesia e della musica come ingredienti improvvisi per accendere con la loro intensità sensuale i sapori di una data vivanda.
8) La presentazione rapida tra vivanda e vivanda sotto le nari e gli occhi dei convitati di alcune vivande che essi mangeranno e di altre che essi non mangeranno per favorire la curiosità, la sorpresa e la fantasia.
9) La creazione di bocconi simultanei e cangianti che contengono dieci, venti sapori da gustare in pochi attimi. Questi bocconi avranno nella cucina futurista la funzione analogica immensificante che le immagini hanno in letteratura.
10) Una dotazione di strumenti scientifici in cucina: ozonizzatori che diano il profumo dell’ozono a liquidi e vivande; lampade per emissione di raggi ultra-violetti (perché molte sostanze alimentari irradiate con raggi ultra-violetti acquistano proprietà attive, diventano più assimilabili, impediscono il rachitismo nei bimbi, ecc.); elettrizzatori per comporre succhi, estratti, ecc. In modo da ottenere da un prodotto noto un nuovo prodotto con nuove proprietà; mulini colloidali per rendere possibile la polverizzazione di farine, frutta secca, droghe, ecc.; apparecchi di distillazione a pressione ordinaria e nel vuoto, autoclavi, centrifughe, dializzatori. L’uso di questi apparecchi dovrà essere scientifico evitando per es. l’errore di far cuocere in pentole a pressione di vapore, il che provoca la distruzione di sostanze attive (vitamine, ecc.) a causa delle alte temperature.
Gli indicatori chimici renderanno conto dell’acidità o della basicità degli intingoli e serviranno a correggere eventuali errori: manca di sale, troppo aceto, troppo dolce, troppo pepe.
 
IL PRANZO FUTURISTA
La TAVERNA SANTOPALATO fu inaugurata la sera dell’8 marzo 1931 dopo una febbrile giornata d’intenso lavoro nella cucina dove i futuristi R. Filia e P.A. Saladin gareggiavano coi cuochi del Ristorante Piccinelli e Burdese nella preparazione delle vivande.

Ecco la lista del primo pranzo futurista:
1) Antipasto intuitivo (formula della Signora Colombo-Fillia)
2) Brodo solare (formula di Piccinelli)
3) Tuttoriso con vino & birra (formula di Piccinelli)
4) Aerovivanda tattile con rumori e odori (formula di Piccinelli)
5) Ultravirile (formula di P.A.Saladin)
6) Carne plastica ( formula di R.Fillia)
7) Paesaggio alimentare (formula di Giachino)
8) Mare d’Italia (formula di Fillia)
9) Insalata mediterranea (formula di Burdese)
10) Pollo Fiat (formula di Dingheroff)
11) Equatore + Polo Nord (formula di Prampolini)
12) Dolcelastico (formula di Fillia)
13) Reticolati del cielo (formula di Mino Rosso)
14) Frutti d’Italia (formula = composizione simultanea)
Vini Costa, Birra Metzger, Spumante Cora, Profumi Dory.

ALCUNE RICETTE

TUTTORISO CON VINO E BIRRA
Riso bianco bollito così disposto: una parte al centro del piatto a forma di semi-sfera, un’altra parte attorno alla semi-sfera a forma di corona. Al momento di servire in tavola versare sulla semi-sfera una salsa di vino bianco legato con fecola e sulla corona una salsa di birra calda, rosso d’uovo e formaggio parmigiano.

MARE D’ITALIA
Su di un piatto rettangolare si dispone una base formata da strisce geometriche di salsa di pomodori freschi e di spinaci passati, in modo da creare una precisa decorazione rossa e verde. Su questo mare verde e rosso si dispongono dei complessi formati da piccole cotolette di pesce lesso, fettine di banana, una ciliegia ed un frammento di fico secco. Ognuno di questi complessi è reso organico da uno stuzzicadenti che trattiene verticalmente i diversi elementi.

CARNE PLASTICA
Composto di una grande polpetta cilindrica (A) di carne di vitello arrostito e ripiena di undici qualità di verdure cotte. Questo cilindro disposto verticalmente nel centro del piatto è incoronato con uno spessore di miele e sostenuto alla base da un anello di salsiccia (B), che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo.

DOLCELASTICO
Si riempie una sfera di pasta frolla con dello zabaione rosso nel quale è immersa una striscia (3cm.) di liquirizia in nastro.
Chiudere la parte superiore della sfera con mezza prugna secca.

EQUATORE+POLO NORD
Un mare equatoriale di tuorli d’uovo rosso con pepe, sale e limone. Nel centro emerge un cono di chiaro d’uova montato e solidificato pieno di spicchi d’arancio come succose sezioni di sole. La cima del cono Sarà tempestata di pezzi di tartufo nero tagliati in forma d’aeroplani neri alla conquista dello zenit.

-end of phile-

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