Colonial 2000 – Burp Sonic Invention foto

November 6th, 2007 by thx1138

Foto scattate da THX al vecchio CPA firenze Sud in viale Giannotti a Firenze durante la registrazione di un disco per l’etichetta Burp Sonic Inventions (http://www.burpenterprise.com/) nel giugno del 2000. Un saluto a tutt*:

WJM ° MAT ° JIMMI ° ALE BOZEN ° CHECCA ° JACOPO ° ZAZIE ° MARTINA ° ANGELO ° STEVE ° MIKI ° MARINA ° DADO ° FLORA E FAUNA

One love!

colonial 2000.rar

album colonial 2000

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Consumate il futuro! – la letteratura di J. G. Ballard

November 5th, 2007 by thx1138

L'immagine “http://streptos-music.noblogs.org/gallery/672/re_search%20%238-9%20cover.JPG” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.

Ieri sera al centro sociale Next Emerson a Firenze e’ stato presentato il saggio su James G. Ballard "Consumate il futuro!" di Manuela Puvia, edito da Collane di ruggine.

Quarta di copertina e prologo di M. Puvia

Perche’ pubblicare un libro di critica su J. G. Ballard? Perche’
proprio lui? E’ un autore blasonato, probabilmente anche ricco, che
non ha certo bisogno di noi per emergere. In piu’ noi non siamo una
casa editrice ne’ ci interessa diventarlo. Siamo uno strano mix che
unisce frattaglie del collettivo Autistici/Inventati e abituali
autoproduttori sparsi per l’Italia. L’opera di Ballard per noi e’ la
scusa per parlare del rapporto tra uomo e tecnologia, un tema che nel
nostro presente di post-rivoluzione informatica, nel fiorente sviluppo
di biogenetica e biomeccanica, non é questione da poco. Si tratta di un
testo ricavato da una tesi di laurea, che inquadra Ballard in una
dimensione antropologica. Confronta le suggestioni e l’immaginario del
suo mondo con quanto l’uomo moderno (o postmoderno, o quello che
preferite) prova quando si rivolge alla tecnologia, quando scopre la
propria identita’ mutata e si ritrova a interrogarsi sul futuro. Il
sapere tecnico non sembra essere reversibile, dai videogiochi alla
bomba atomica, non c’e’ ritorno da Nagasaki. Con la tecnologia e’
necessaro confrontarsi/scontrarsi in maniera critica, non
convenzionale. Questo testo e gli altri che speriamo seguiranno,
vorrebbero contribuire un poco a nutrire questo tipo di riflessioni, ad
accrescere per primo in chi li scrive e pubblica la propria capacita’
di interpretare il reale e di sopravvivergli.

Manuela Puvia e’ una giovane e scapestrata carrarina trasferitasi a Firenze diversi anni orsono.
Laureata
in Scienze dell’educazione a Firenze sbarca il lunario da buona
precaria flessibile. Appassionata di fantascienza e filosofia,
contaminata irrimediabilmente da cyber e punk, da che mondo e’ mondo
sbandiera ai quattro venti le ragioni dell’antipsichiatria e le
aberrazioni delle istituzioni totali. In direzione ostinata e contraria.

Prologo

Il libro che state sfogliando nasce originariamente come una tesi di laurea dal titolo “Psicogeografie del contemporaneo: a partire da J. G. Ballard”. Rispetto al testo originale abbiamo apportato alcune modifiche, eliminando un capitolo e invertendo l’ordine degli altri due, ossia l’inizio di questo libro è in realtà la parte conclusiva della tesi, per questo manca forse un’introduzione più generale alla poetica dell’autore e al legame che la unisce al rapporto tra essere umano e tecnica.

Vorrei quindi cercare di spiegare perché la scelta di un autore come Ballard e quali sono le suggestioni contenute nei suoi libri che possono trasformarsi in riflessioni di ampio respiro sul mondo ad alta intensità tecnologica in cui viviamo.

La fantascienza, come suggerisce il termine stesso, è un genere letterario attento a registrare e descrivere i mutamenti possibili che il grado di sviluppo tecnico e scientifico di una data epoca lascia presagire, in altre parole “le fantasie della scienza” di un futuro mai troppo lontano.

La fantascienza ballardiana mantiene un legame stretto con quelle che sono le mutazioni identitarie e dell’ambiente di vita provocate dagli sviluppi della tecnoscienza,ma la sua particolarità sta nel descrivere i mutamenti in atto in un’ottica differente rispetto a quella degli scrittori della sua epoca.

A metà degli anni Cinquanta, quando Ballard comincia ad affermarsi come scrittore, il genere fantascientifico è contraddistinto dalla “space opera”, ossia da storie il cui fulcro ruota attorno alla scoperta di nuove dimensioni interstellari, di viaggi nello spazio alla ricerca di pianeti sconosciuti e civiltà extraterresti.

Ed è proprio a questo genere di trame, con poche variazioni sul tema, anemiche di critica verso il progresso tecnoscientifico, incapaci di far riflettere il lettore sui cambiamenti in atto nella società, che Ballard si oppone, considerando la fantascienza ben altro che una letteratura d’evasione.

Nel saggio apparso sulla rivista New Worlds nel 1961, “Qual’è la strada per lo spazio interno?”, l’autore definisce gli intenti della sua poetica e le tematiche che, a suo avviso, anche gli altri scrittori di fantascienza dovrebbero prendere in considerazione, per non relegare il genere ad una letteratura-passatempo: la nascita della società dei consumi, l’invasione mass-mediatica, le tecnologie asservite all’industria bellica, farmaceutica, al controllo della vita degli individui, le nocività che sempre di più intossicano e devastano il nostro ambiente di vita, la logica del profitto e del mercato come unica e incontrastabile ragione che muove le fila di tutto il sistema.

Questi sono gli aspetti della vita di tutti i giorni che interessano lo scrittore, di questo parlano i suoi libri, voltando le spalle allo spazio e descrivendo le mutazioni radicali in atto sulla terra, l’unico pianeta veramente alieno.

Ed in questo viaggio in cui Ballard mette in mostra le quotidiane atrocità umane, la sua ricerca muove verso l’interiorità dell’individuo, verso quel territorio mobile e non delimitabile attraversato da affetti, sogni, desideri, potenza di trasformazione: l’inner space.

In questo spazio inconscio (dal sapore dichiaratamente surrealista) le nostre percezioni del presente, sovraccarico di flussi informativi ed edulcorati diktat di ogni genere, si fondono con le immagini trasmutate del passato (non soltanto della nostra storia individuale, ma di quella di tutto il regno biologico, secondo il principio ballardiano per cui l’ontogenesi ricapitola la filogenesi) e danno vita ad una rielaborazione personale dell’esistente, creano un altro mondo.

In libri come La mostra delle atrocità oppure Crash è particolarmente evidente questo rifiuto da parte dei protagonisti di accettare la realtà così com’è e di sfidarla invece al suo stesso gioco, rivoltando contro se stessi i processi che hanno creato quest’insanabile frattura tra un mondo dalla geografia esaurita e costantemente in svendita e l’individuo che assomiglia sempre di più all’handicappato motorio superequipaggiato di Virilio.

Solo tramite la rottura della norma sociale, attraversando situazioni limite, da catastrofe imminente o già avvenuta, sfidando la benevola tirannia della società dei consumi e le sue regole, i suoi personaggi riescono a ri-fare il mondo e a conservare quel poco di umanità che gli altri protagonosti -comparse del grande romanzo della vita hanno perso.

Ed è proprio questa potenza di trasformazione, questa intensità inconscia ed immaginativa che ci attraversa che collega la poetica ballardiana alla riflessione sulle origini del rapporto tra l’essere umano e la tecnica.

L’essere umano è un animale tecnico, poiché date le sue carenze biologiche ed istintuali non sarebbe mai sopravvissuto in un mondo che non si pone all’origine come naturale dimora.

Il senso della tecnica, quindi sta tutto nel vedere oltre il presente la dimensione del possibile e trasformare il già dato, l’inutilizzabile in qualcos’altro che possa avere un senso.

Per questo quando si parla di tecnologie penso sia importante risalire all’origine del rapporto che vede la nostra specie legate a doppio filo alla tecnica, per non perdere la misura delle cose, ossia per considerare il mezzo tecnico come uno strumento che comunque non ha vita propria.

Questo non significa restare ciechi e sordi di fronte alla non neutralità del sapere tecnico, ai suoi molteplici usi nelle mani di pochi (penso alle multinazionali del farmaco, all’industria bellica, al controllo permesso dalle strumentazioni “amiche”), né accettare acriticamente e passivamente il “progresso” come un dio benevolo che ci guarirà da tutti i mali, ma neanche vuol dire rassegnarsi ed incrociare le braccia aspettando che un miracolo ci riporti indietro, in un paradiso perduto o che un esercito di robot prenderà coscienza e farà fuori i suoi creatori.

Anche perché non è delle macchine “intelligenti” che ho paura, ma della stupidità umana, di quell’incapacità di sentire e di pensare, della corsa al profitto, della competizione, delle idiozie mass-mediatiche bevute prima di addormentarsi, del sogno della merce durante la notte, delle stragi in nome della pace e della democrazia, di tutto ciò che ci rende consumatori e produttori prima che esseri umani: sempre più simili alle macchine, senza il dono dell’immortalità.  


cito dal blog di Collane di ruggine – http://collanediruggine.noblogs.org/:

Non siamo una casa editrice ne’ un progetto editoriale nel senso
classico del termine, non ci interessa guadagnare un centesimo dalla
pubblicazione di questi testi e non abbiamo scelto l’editoria come
unico mezzo di espressione.
Siamo un’accozzaglia di intenti e progetti che hanno trovato una scusa per lavorare insieme.

Il
principio che sta alla base di tutto e’ quello dell’autoproduzione, del
Do It Yourself. Troviamo delle cose che ci piacciono e ci mettiamo in
moto per farle conoscere, semplicemente. Si tratta di sporcarsi le
mani, di mettere in gioco cervello sangue e cuore senza rimanere
lontani ad osservare futuri disegnati da altri.

Tutto questo e’
facilitato dalla coproduzione, un metodo tutto interno al D.I.Y che si
sta diffondendo specialmente negli ultimi anni e finora e’ rimasto
legato quasi esclusivamente alle autoproduzioni musicali.
Prima un
gruppo si affidava a un’etichetta che curava in toto pubblicazione,
distribuzione e promozione del disco, da qualche anno invece si manda
in giro il proprio lavoro e si chiede a chi lo apprezza di unire le
forze per produrlo. E’ evidente che in questo modo sara’ piu’ facile
trovare i soldi necessari, ma i vantaggi non sono solo economici. Nel
tempo si e’ creata una rete molto fitta di persone e progetti, una
community (si direbbe in altri ambiti) tenuta insieme dalla voglia di
produrre e veicolare dei contenuti e dalla voglia di farlo da soli,
senza il patrocinio o la supervisione di nessuno. Un disco prodotto
cosi’ e’ un disco seguito e amato dall’inizio alla fine, un disco che
gia’ solo nella produzione e’ stato arricchito dalle energie di tutti
quelli che lo hanno considerato interessante.

Ecco noi abbiamo
voluto provare ad applicare questo metodo anche ai libri e non
nascondiamo che il concetto che sta alla base vorremmo trovarlo in
tutto quello che facciamo.
Per il momento siamo 5 coproduttori. 

risorse 

Scansioni di alcune pagine del volume Re/search N° 8/9 – J. G. Ballard (album james ballard)

[ebook ITA] J.G. Ballard – Crash.pdf

[ebook ENG] Ballard, J G – Crash.pdf

JG Ballard – The Wind From Nowhere.txt

JGBallard-TheBurningWorld.txt

link

http://www.ballardian.com/ 

http://www.cronenbergcrash.com/ 

http://www.solaris-books.co.uk/Ballard/ 

http://en.wikipedia.org/wiki/James_Ballard 

GRANDE COBRA live all’Ulisse (Firenze)

November 1st, 2007 by thx1138

Sweetsensation presenta: 

Grande Cobra in concerto
103% raw power

Ulisse Barnum – via di San Salvi 12 Firenze, zona cavalcavia piazza Alberti
inizio concerto ore 23.00 circa 

ingresso libero 

Scratch=crash by Liquid Cat

October 30th, 2007 by thx1138

da http://www.liquidcat.org/

scratch=crash 

Scratch=crash è un computer che carica il proprio software, invece che da dischi o nastri magnetici o ottici, da un disco in vinile a microsolco. È in parte un'indagine sull'etica hacker (metterci le mani sopra) e in parte il tentativo di sviluppo di una tecnologia ormai irrimediabilmente obsoleta. Un disco WORM (write-once-read-many) analogico e compromissibile, il cui immaginario è legato a tutto tranne che al software e al mondo digitale, è, ovviamente, anche una operazione disgustosamente ruffiana che fa leva sull'appeal delle retrotecnologie sui vecchi che ne sentono una lacrimosa nostalgia e sui giovani che non le hanno avute e vorrebbero giocarci.

Ricercare una tecnologia già obsoleta
Il microsolco di un disco in vinile da 331/3 giri contiene un programma modulato in formato audio. Il codice, così convertito, invita a un'esperienza diretta, tattile, visiva e auditiva, molto distante dall'incorporeità delle memorie di massa contemporanee.
All'apice opposto dello storage a stato solido e senza parti in movimento.
Il disco in vinile, oggi, ha un mercato di nicchia, dominato dal turntablism. Il controllo diretto del mezzo permette, dalla fine degli anni 70 con l'avvento di giradischi a trasmissione diretta, con una forte coppia motrice e motori elettromagnetici, di manipolare il contenuto del disco a piacimento con cut, scratch e missaggi.
Scratch=crash ribalta questo concetto e riporta il vinile nell'armadietto paterno, medium sacrale e intoccabile. Qualunque manipolazione ne farebbe fallire lo scopo.La distribuzione di software su vinile è comparsa a macchia di leopardo attraverso tutta la storia dell'home computing. Esistono alcuni brevetti, mai sfruttati commercialmente, della fine degli anni Settanta. In seguito, dopo l'esplosione dell'home computer con memorie di massa su nastro, alcune riviste pubblicarono flexidisc da doppiare su audiocassetta. La tecnologia è poi scomparsa per riaffiorare brevemente alla fine del secolo in alcuni gruppi di ricerca nordamericani.Scratch=crash avrà varie incarnazioni, da un prototipo, attualmente in costruzione e basato su un Commodore 64, fino a prodotti più complessi su tecnologia Sinclair o Atari.

 

Scratch=crash is a computer that loads its software from a vynyl record, instead of a magnetic or optical disc or tape. It is part insight on hacker ethics (the hands-on imperative) and part obsolete tech r&d. An analogic and onthologically compromissible WORM disc, its imaginary tied to everything except software and all things-digital. It is also, quite obviously, something driven by the fad of retro technologies, that caters to the nostalgic old and the curious young.

Developing obsolete technology.
The groove of a vynyl record contains a software program, modulated in audio. The code, in this form, invites to a direct, tactile, visual and auditive experience, far from the incorporeity of contemporary mass storage.
On the far side of solid-state storage the vynyl record today occupies a niche market, dominated by turntablism. Direct control on the medium allows complete manipulation of the disc's contents via cutting, scratching and mixing.
Scratch=crash reverses these concept and brings the record back in the audiophile's cupboard. A sacred and untouchable medium. Any manipulation would render its function void.
Vynyl software distribution was attempted a few times in the Seventies (as testified by some patent applications, never commercially exploited). After the breakthrough of tape-based mass storage in home computing, some magazines bundled flexidiscs (to be copied on audiocassettes. This technology has then disappeared to come back briefly at the end of the last century among some north-american experimental groups.
The Scratch=crash line will be composed of different models based on Commodore, Sinclair and Atari technology.
 

Creative Commons License
This work is published under
a Creative Commons License. / Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza
Creative Commons
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Loud Objects chip

October 29th, 2007 by thx1138

Ieri sera alla Fortezza Da Basso, al concerto di Bit Shifter del collettivo 8bit people (molto bello sia dal punto di vista musicale che da quello dell’impatto visivo) ho conosciuto Tristan Peril e Kunal Gupta i due membri di Loud Objects (New York City), band di ricerca musicale che utilizza la tecnica del circuit bending (ovvero l’arte di cortocircuitare e modificare circuiti e chip sonori per farli suonare in modi imprevedibili) inventata da Reed Ghazala negli anni ’60 per organizzare i suoni dei loro live set di musica elettronica pesante (a noi dell’avanguardia la musica leggera non ci e’ mai piaciuta!) fra sperimentazione e dance hard/minimale. Il circuito riprodotto nelle foto di Gnapgirl e’ stato assemblato a mano e produce dei suoni molto particolari. puo’ essere collegato a delle cuffie o a un mixer tramite cavetto minijack ed e’ alimentato da una pila. Accendendolo produce dei beep e dei rumori. Il live set di Bit Shifter non era molto gremito anche perche’ qui da noi non e’ ancora esplosa la mania della musica a 8bit, ma vi posso assicurare che e’ stata un’esperienza al limite del punk rock ultra-tecnologico. Bit Shifter indossava una maglietta con sopra stampata una rima del rap di Brand Nubian Punks Jump up (PUNKS JUMP UP TO GET BEAT DOWN) ed ha spiegato che l’estetica del  collettivo 8bitpeoples ha radici che affondano nella cultura punk e hip hop. le videoproiezioni curate da Otro, un vj e graphic designer francese che vive a New York e in Norvegia, mi hanno entusisasmato particolarmente: creati con un hardware a 8bit, credo un Commodore Amiga, venivano proiettati su tre schermi contigui di grandi dimensioni, creando un continuum in cinemascope, un paesaggio di colori e forme 3d molto affascinante (almeno per quel che mi riguarda). Un ringraziamento a Serena Gnapgirl per le foto.

Loud Objects live video 

risorse (dal website di 8bitpeoples): 


pornochip_inside 

Otro artpack – 8bpgfx005-otromatic-etrox_2.zip

SARS Nullsleep Kung Fu Master rom hack (for NES) – nullsleep_-_SARS_Kung_Fu.zip

8bitpeoples album

per info:

http://www.loudobjects.com/ 

http://www.8bitpeoples.com/ 

http://www.anti-theory.com/

Tutte le foto: Gnapgirl (2007) – clicca per ingrandire

Gnap girl foto album

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