La libertà dei cittadini italiani di
usare la Rete per informare ed informarsi così come loro garantito dalla Carta
fondamentale dei diritti dell’uomo e del cittadino prima e dalla Costituzione
poi è salva… almeno per il momento.
I Deputati italiani, infatti,
mostrando una maturità ed un rispetto per i diritti fondamentali dei cittadini e
degli utenti superiore a quello dei colleghi del Senato, nella notte di ieri,
hanno abrogato l’art. 60 del DDL n. 2180, meglio noto al grande pubblico come
emendamento D’Alia, approvando l’emendamento Cassinelli. Uno dei più pericolosi
attentati alla libertà dell’informazione in Rete ed attraverso la Rete è stato,
dunque, sventato.
L’emendamento D’Alia, infatti – che sia stato frutto di
superficialità, ignoranza delle dinamiche di circolazione dei contenuti in Rete
o di un eccesso di giustizialismo – avrebbe drammaticamente ridotto la libertà
di informazione nel nostro Paese per effetto dell’applicazione di una perversa
logica repressivo-cautelare in forza della quale la sospetta commissione da
parte di un singolo di un reato di opinione avrebbe finito con il gravare
sull’intera collettività che, dalla sera alla mattina, si sarebbe ritrovata
nell’impossibilità di informare ed informarsi attraverso blog, ugc e altre
piattaforme telematiche.
Nei prossimi giorni varrà, forse, la pena di
fermarsi a riflettere su come sia potuto accadere che nel 2009 un Senatore della
Repubblica abbia proposto – ed i suoi colleghi abbiano a larga maggioranza
approvato – un emendamento che minacciava di oscurare la Rete nel secolo della
Rete.
Oggi, però, credo sia più importante parlare di come si è impedito che
tale intendimento divenisse realtà e si è giunti al pentimento operoso del
nostro legislatore. Si tratta, infatti, di un percorso virtuoso che sarebbe
auspicabile non restasse isolato. Protagonista indiscussa di questo percorso è
stata – mi sia consentito, solo per un istante, proporne un’immaginaria
personificazione – la Rete in tutte le sue molteplici forme e
sfaccettature.
È stato il tam tam della blogosfera, quello nelle
piattaforme di social network, il rimbalzare dei video su YouTube, il libero
esercizio da parte di centinaia di migliaia di cittadini italiani che ogni
giorno usano la Rete del loro diritto di critica e la viralità della
comunicazione elettronica a costringere il Parlamento a prestare attenzione ai
1684 caratteri (spazi esclusi) dell’emendamento D’Alia che, altrimenti,
avrebbero rischiato di passare inosservati e di formare oggetto – come
probabilmente già accaduto al Senato – di un voto distratto, assonnato,
intorpidito che, difficilmente, le parole "filtraggio", "Internet" o
"connettività" sarebbero state in grado di risvegliare.
È un successo
della Rete, dunque, quello che si è celebrato nella serata di ieri a
Montecitorio al momento del voto in Commissione riunita Giustizia-Affari
Costituzionali con il quale si è abrogato l’art. 60 del DDL n. 2180,
l’emendamento D’Alia. La Rete ha difeso se stessa, si potrebbe dire con formula
riassuntiva, giornalisticamente forse efficace ma linguisticamente e
giuridicamente approssimativa.
A dirla meglio la realtà è che quella che
si è appena consumata sotto i nostri occhi è la prova che Internet è ormai
divenuto uno strumento maturo di democrazia elettronica da utilizzarsi in una
politica partecipata, ampia e condivisa, caratterizzata da un dialogo aperto,
rapido e schietto tra eletti ed elettori, dialogo nell’ambito del quale i numeri
e la cassa di risonanza rappresentata dalla dimensione globale del fenomeno
possono indurre i primi a ritornare sui propri passi ascoltando l’opinione dei
secondi, noi, gli elettori.
Nel mondo dei media tradizionali, della
televisione e della carta stampata questo non sarebbe mai stato possibile perché
l’informazione correva verticalmente dai più grandi (economicamente e
politicamente) ai più piccoli senza alcuna possibilità di invertire la direzione
e i primi formavano a loro immagine e somiglianza l’opinione pubblica generando
il consenso e scongiurando il formarsi di sacche di dissenso.
È questo il
miracolo della Rete, primo mezzo di comunicazione di massa nel senso più
pregnante del termine, in grado di lasciarsi plasmare ed utilizzare dai più
numerosi e non già dai più grandi economicamente e politicamente.
Tale
constatazione costituisce, ad un tempo, la ragione per la quale l’accesso libero
e neutrale alla Rete va garantito e tutelato quale presupposto indefettibile dei
diritti e delle libertà fondamentali e del perché, da più parti, talora in
maniera più trasparente e talaltra più celata, si vorrebbe trasformare, a colpi
di regole, la Rete in una grande TV.
Congratulazioni Signora Net, una
bella e meritata vittoria!
Occorre, tuttavia, dare a Cesare quel che è di
Cesare e, quindi, riconoscere che gli sforzi di quanti in Rete ed attraverso la
Rete hanno, nelle ultime settimane, fatto il possibile perché questo risultato
venisse raggiunto, sarebbero rimasti frustrati se non avessero trovato adeguata
sponda nella responsabilità e nel senso del dovere di alcuni uomini delle
Istituzioni ed in alcuni politici più illuminati di altri che hanno raccolto il
grido di preoccupazione dei cittadini e lo hanno tradotto in emendamenti
all’emendamento D’Alia che – istituzionalmente parlando – non è rimasto travolto
dalle urla della Rete ma è stato, invece, soppresso dall’approvazione di due
emendamenti sostanzialmente gemelli presentati uno dal PD (molti firmatari) e
l’altro dall’On. Cassinelli – lo stesso del Salvablog – che già aveva
presentato, facendosi per primo portatore delle istanze della Rete, un altro
emendamento meno radicale ma, comunque, in grado di "neutralizzare" il ciclone
D’Alia.
Guido Scorza
http://www.guidoscorza.it/